Marco Malandrino a New York – il commento alla Sua gara – la Sua storia.

 

03-11-13 NYC Marathon

Il primo miglio è stato quello di Alessia; per il suo incredibile amore e il suo incessante sostegno in ogni mia avventura.

Il Queensboro bridge è stato per il mio babbo, perché guardando in alto ho sentito che c’è, è sempre con me.

La 62esima è dell’amica Miriam, della sua mattina di freddo per poter fare una foto ad un maratoneta che non passava mai, o che era già andato.
Il tratto di Harlem, lungo, lunghissimo fino al Bronx, avrei voluto essere mio fratello Massimo, essere immune ad ogni forma di dolore, mentre a me faceva male tutto.

La quinta strada è stata di mia mamma; bella e piena di gente allegra che m’incitava e mi spingeva più in là.

In mezzo in tutte quelle lunghissime miglia c’eravate tutti voi, i fratelli Vikinghi, gli altri amici, i conoscenti, mi avete dedicato un commento, un saluto, un messaggio o un pensiero; col vostro affetto, la vostra partecipazione, gli auguri e i messaggi, negli sguardi della gente di New York c’eravate tutti, ci siete entrati tutti.

E l’ultimo miglio, quello con la pelle d’oca e le lacrime sulle guance è stato di mia figlia… ancora non sei nata, ma qui ti aspetta un babbo che proverà a spiegarti come si fa a prendere un sogno e farlo diventare realtà.

Good Job Guy! Congratulations

Marco Malandrino
Sono nato a Chianciano Terme il 20 aprile 1975, qui sono cresciuto, ho studiato e mi sono laureato a Siena, dove ho lavorato per undici prima di trasferirmi a Pordenone per raggiungere la mia compagna Alessia e poter così aspettare insieme nostra figlia, Maddalena che nascerà a febbraio. Posso dire che sono sempre in movimento, diviso tra Chianciano, Siena che ancora frequenterò per un po’, e infine Pordenone. Questi spostamenti mi impegnano un po’, ed a volte è anche faticoso coniugare impegni “distanti” tra loro ma nonostante tutto riesco a mantenere vivi tanti interessi, infatti oltre a fare l’ingegnere e passare più tempo possibile con la mia compagna seguo una squadra di rugby “I Vikinghi”di cui sono Presidente (non giocatore!!!) e per la quale cerco di offrire il mio contributo nella parte organizzativa e societaria. Ma uno degli ingredienti di questo dinamismo, la chiave di volta dell’equilibrio psico-fisico è ovviamente la Corsa (con la lettera maiuscola). La corsa è entrata nella mia vita 4 anni fa, un pomeriggio di fine estate dopo un lungo pranzo di lavoro. Così, forse per gioco, o per ricercare la forma fisica perduta decisi che la sera rientrato a casa, sarei uscito per una corsetta. L’esperienza fu “traumatica”, convinto di poter percorre una mezzoretta di corsa mi ritrovai dopo pochi, anzi pochissimi minuti, ansimante e con gli occhi fuori dalle orbite. Mi ricordo il senso di sgomento. Non ero mai stato un antisportivo, da giovane, nei paesi per chi come me è nato più di 35 anni fa, la pratica dello sport era abituale, poi l’università prima il lavoro poi, e la poca voglia hanno fatto sì che le occasioni per praticare qualche sport diventassero veramente rare, ma senza destare mai grosse preoccupazioni … fino a quel giorno lì. Rientrai in casa rattristato dalla mia esperienza, volevo ottenere benessere ed invece, non solo ero stanco morto in più avevo la consapevolezza di avere una forma fisica scadente. Credo che in quel momento sia scattato qualcosa, l’indomani sarei potuto rimanere a casa, oppure uscire a soffrire di nuovo, fortunatamente, questa fu la mia scelta.



 

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