Cristian Caselli al Tor de Geants – la Sua straordinaria impresa. le Mie parole, i commenti dei finisher, le foto.

Volevo scrivere due parole sulla straordinaria impresa di Cristian Caselli al Tor de Geants. Credo che chi non è mai stato in Val D’Aosta e seguito passo passo il Tor, non può nemmeno immaginare cosa Ti aspetta in quella settimana. ( per Lui 4 giorni) Parlo non solo di fatica, ma di adrenalina, di sorpresa, di meraviglia, di sofferenza, di paura, di speranza, di amore, di rispetto, di amicizia, di crescita, di vita, di panorami mozzafiato, quelli che ti lasciano a bocca aperta per tante tante volte, perché è una settimana che è come una vita, una bellissima sfida con te stesso,  con la natura. Ricordo ancora con compiacimento quando sono stato con Paolo nel 2014, sento ancora dentro di me il piacere di quei giorni passati da un rifugio all’altro, ad ammirare le bellezze che mi circondavano, la cordialità delle persone, la gentilezza, i miei occhi sempre pronti a guardare e immaginare cosa si nascondeva dietro alle montagne che non potevo vedere, alla sofferenza, ma anche alla gioia di chi arrivava sempre con il sorriso in bocca, e di chi ripartiva in attesa di ritrovarsi al rifugio successivo, penso al piacere provato nell’attraversare metro dopo metro km, dopo km, la maestosità delle montagne della Val D’Aosta, penso a Cristian persona sensibile, allegra e scherzosa, e all’opportunità seria, penso a quanto ama la vita, la corsa, le montagne, penso al Suo immenso cuore quando è arrivato nell’ultima discesa di Curmayer, condividendo con Lui il piacere della grande impresa, che gli resterà per sempre dentro, come tutta la strada che ha fatto per arrivare finalmente con le braccia alzate, le lacrime agli occhi, e la consapevolezza di aver fatto un’impresa.

Aggiungo l’articolo dell’amico podista Nicola Frappi.

Impresa stellare di Cristian Caselli (Team Ferrino) che riesce a centrare un incredibile decimo posto al Tor des Géants. Il Tor è considerato tra le più dure manifestazioni di corsa in montagna al mondo a causa dei suoi numeri impressionanti: 330 km, 24 000 metri di dislivello positivo (quest’anno percorso ancora più arduo causa modifiche del tracciato che lo hanno portato a 339 km, 30 000 metri di dislivello) ed un percorso che, partendo da Courmayeur, attraversa interamente la Valle d’Aosta con le due alte vie sottostanti a montagne quali Gran Paradiso, Grivola, Emilius, Monte Rosa, Cervino, Grand Combin e Monte Bianco.

 

Cristian Caselli è giunto al traguardo di Courmayeur in 96 ore e 36 minuti dopo quattro giorni dove ha dimostrato non solo un’eccellente condizione fisica ma anche carattere, volontà ed estrema attitudine a correre a quelle altezze, elementi imprescindibili in gare massacranti come questa.

Per l’atleta aretino (più precisamente della frazione di Vitiano) un risultato fortemente cercato e voluto che premia la costanza e i sacrifici che tale disciplina vuole dai suoi praticanti.

Ricordiamo che è ancora in corsa il castiglionese Marco Frontini (Team Ronda Ghibellina), ad ore si attende il suo arrivo. Per il resto da registrare la vittoria dell’italiano Oliviero Bosatelli davanti agli spagnoli Oscar Perez Lopez e Pablo Criado Toca mentre fra le donne si è imposta Lisa Borzani, la quale fra l’altro si è preparata tutta l’estate allenandosi fra le montagne valdostane con Cristian.

Nicola Frappi

Alcuni commenti di atleti che hanno concluso il Tor.

Il Tor des Geants è un sogno e una follia. Solo a guardalo ci si può ammalare. Inutile negarlo, ogni volta che indosso le scarpette lo faccio pensando a quel sogno. Anche solo immaginare questa gara mi ha modificato la vita, ha cambiato il mio modo di vedere tante cose. Può anche sembrare banale, ma basta essere di passaggio in uno dei sentieri durante la gara per capire che è molto più di una competizione. È un viaggio “dentro”, dove la classifica conta relativamente. Conta esserci, impegnarsi al massimo e da soli per arrivare in fondo, godendo di ogni singolo momento”.

Molte, moltissime cose: un lungo viaggio, un’apertura incredibile della mente e dell’anima, una immersione assoluta nella natura. Poi, ancora, l’amicizia, le visioni, la fatica che più cresce e più si trasforma in piacere. Direi che quest’ultimo è un fenomeno unico al mondo. Andrebbe studiato a fondo. Alla fine ci si ritrova con una riserva di adrenalina che ti basta per andare avanti tutto l’anno.

Sarà una sfida individuale, ma vissuta al fianco di amici come Max, Armando e anche Renato (Jorioz). Perché ho sempre creduto che la montagna sia un’esperienza umana. Si fa una bella esperienza se ci sono dei buoni compagni di avventura.

L’altro ingrediente è l’umiltà: è un approccio necessario per affrontare una gara come il Tor des Géants. Il mio sogno è fare tutto il giro completo… se ce la faccio, vista la lunghezza e la complessità della gara. Lo scoprirò facendola. Non conosco tutto il percorso: conosco bene solo la zona dalla Valgrisenche alla Valsavarenche. Ogni passo sarà dunque una sorpresa, un’opportunità per conoscere il territorio.

E poi in una gara del genere, si possono misurare i propri limiti, andare a fondo delle proprie risorse e scoprire un sacco di cose su noi stessi. Ci vuole molta intelligenza: l’aspetto mentale e la motivazione sono fondamentali. Arrivare al traguardo, essere un finisher, sarebbe la realizzazione di un bellissimo viaggio in montagna e dentro me stesso.

Capisco benissimo quello che chiamano “il mal di Tor”, quell’effetto di malinconia dopo la gara al ritorno a casa. Io l’ho sempre vissuto in montagna. Quando finisci la tua avventura, da una parte c’è una grande gioia perché sei riuscito a portare a termine un’impresa. Dall’altra però si crea un vero e proprio vuoto. Come tutte le cose belle che finiscono, si portano dietro un po’ di tristezza: t’impegni, metti tutto te stesso e poi, d’un colpo, hai finito. È sempre così. Ma poi si riparte per altre avventure.

Un’esperienza da viaggiatrice, da esploratrice delle alte vie. Un confronto con le persone intorno e con i miei limiti. Senza star troppo a filosofeggiare su quest’ultimo argomento: so bene dove fin dove posso arrivare e magari proverò a spingermi un po’ più in là, se le condizioni lo permetteranno. Ma senza forzare, sempre con la consapevolezza di quel che sto facendo”.

Dal giorno in cui mi hanno confermato la partecipazione il Tor me lo sogno anche di notte. Mi vedo lì, immagino luoghi, movimenti, fatiche e – perché no? – felicità. Il mio obiettivo primario? Arrivare. Ma ce n’è uno secondario che in realtà è più importante del primo: arrivare con il sorriso. Tagliare il traguardo sarà una grande emozione per un viaggio d’avventura portato a termine, per una corsa solitaria e al tempo stesso condivisa con tutti quelli che saranno lungo il percorso e per chi starà a casa a fare il tifo. Il tempo finale non m’interessa, non mi è mai interessato. Io il cronometro l’ho sempre usato solo per tener sotto controllo la stanchezza. Col Tor vorrei, insomma, andarci a braccetto. Io non posso certo dominare lui, ma non vorrei nemmeno che lui dominasse me. Miro perciò ad andarci d’accordo”.

Il Tor des Géants, più che una gara, è un’esperienza di vita che ti porta a riconsiderare le vere priorità della vita stessa, a riconoscere quanto sia prezioso il contatto disinteressato e sincero con le persone e come basti il calore umano a ristorarci dalle peggiori fatiche ed angosce.

Si tratta di un evento che ti porta a capire o a ricordare quale grande forza si celi dietro la collaborazione tra le persone, quanto preziosa sia la compagnia degli altri e quanto sia importante il sentimento della gratitudine. Ti porta a riconoscere la grandezza e la forza della natura nel cui seno siamo accettati, dalla quale dipendiamo per tutte le nostre esigenze di vita.

Mi sono trovata immersa in un contesto naturale che trasmette una sensazione di bellezza gentile e potenza. La grandezza di montagne così vicine, ma al tempo stesso così irraggiungibili, meravigliose nella loro preservata integrità e, per contro, una presenza umana che si manifesta su scala minimale, con piccoli agglomerati curati e integrati nel paesaggio.

Calore e quieto benessere si percepiscono a pelle. La gente, qui, è cordiale e pervasa da un’invidiabile sensazione di solida tranquillità, che certamente deriva da uno stile di vita che, da generazioni, si tramanda in un contesto naturale severo, ma al contempo protettivo. Una sensazione difficile da esprimere a parole, che traspare dalle espressioni, dal sorriso e dalla gentilezza dei volontari, ma che ti contagia e ti affascina irrimediabilmente”.

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